venerdì 21 dicembre 2012
venerdì 7 dicembre 2012
Io chi?
Niente ego, niente problemi. |
Tanti
di noi si fanno forti dicendo «Io sono come sono, non m'interessa quello che
credono di me gli altri».
Balle.«Eppure, non c'è altra realtà fuori di questa, se non cioè nella forma momentanea che riusciamo a dare a noi stessi, agli altri, alle cose. La realtà che ho io per voi è nella forma che voi mi date; ma è realtà per voi e non per me; la realtà che voi avete per me è nella forma che io vi do; ma è realtà per me e non per voi; e per me stesso io non ho altra realtà se non nella forma che riesco a darmi. E come? Ma costruendomi, appunto.»L.Pirandello, Uno, nessuno e centomila.
Noi,
affrontiamo la verità, siamo quello che vedono gli altri. Insomma, noi siamo uno,
gli altri sono centomila, chi ci vedrà meglio? Possiamo certo darci
una forma, ma saremo comunque solo noi a percepirci in quella forma.
Che
poi, pensiamoci bene, questa storia dell’essere la realtà che gli altri hanno
per noi, non è mica così male. A meno che non abbiamo un ego spropositato e
un’autostima inopportuna, gli altri vedranno in noi sempre qualcosa in più dei
nostri occhi miopi.
Qualche
tempo fa mi sono trovata a parlarne col mio amico El pianista. El pianista è
uno di quei tipi multiformi: scrittore, musicista, traduttore, ballerino (ah!
dovreste vedere che passi). Ma soprattutto è spassoso. È uno di quelli che solo
a vederli pensare ti fanno ridere (ora voi vi starete figurando il Mimmo di
Verdone. No, non è così. Ridi perché sai che sta pensando qualcosa che ti farà
ridere). Comunque, finito l’elogio che, a sentir lui, non capirà, torno al
punto.
El
pianista nella sua prima fase europea ha vissuto in Spagna, a Barcellona se non
sbaglio. Lì, non conosco i dettagli e non credo che contino, ha suonato in una
band. A un certo punto è stato scaricato con una sorta di e-mail “commerciale”,
mezzo infame per me, più che comprensibile per lui. Alla sua richiesta di
spiegazioni, ecco la risposta ricevuta: «Molto ego. Poca autostima. Cattive
vibrazioni.»
Vi
state chiedendo anche voi come sia possibile avere troppo ego ma poca
autostima? Beh, se trovate una risposta fatemelo sapere.
Non
so quale sia stata la sua reazione a caldo, fatto sta che El pianista ha preso
queste tre simpatiche critiche e ne ha fatto il suo slogan (ora avete capito
cosa intendevo con «è uno di quelli che solo a vederli pensare ti fanno
ridere»?) e quindi alla sua voce Informazioni di face book leggiamo:
«Mucho ego, poca autoestima y mal rollo.»
Ora,
questo ritrovarsi nelle percezioni degli altri e farne ironicamente il proprio
slogan non è certamente la reazione più comune.
Per
quanto mi riguarda, raramente condivido le critiche che mi vengono mosse e non
solo perché sono permalosa, questa è una delle critiche più gettonate da parte
di mia madre, ma soprattutto perché ritengo che siano in qualche modo
superficiali. Si fermano all’episodio che le ha scatenate e risultano spesso
affrettate, certo non quella del “permalosa”, quella la riconosco e mia madre
mi conosce da qualche anno.
Comunque,
dopo questa simpatica storiella dello slogan, mi sono trovata a pensare su
tutto ciò che mi è stato detto, su tutte le etichette attribuitemi, positive o
negative che siano. Chissà quale potrebbe essere il mio slogan.
«Responsabile,
tanto matura per la tua età» mi hanno detto fin dai tempi della scuola. «Una
bambina viziata» mi disse una volta una coinquilina.
«Dolce
e disponibile», «Aggressiva ed egoista». «Quello che
cercavo, una donna seria», «Una troia. Sempre stata, solo che non me n’ero
accorto», queste ultime sono state partorite dalla stessa equilibratissima
mente.
«Credi
troppo poco in te stessa», «Pensi sempre di avere ragione». «Maniaca
dell’ordine», «Lasci sempre tutto in giro».
«Un
sole, sempre sorridente», «Troppo malinconica».
A me
è venuto mal di testa e non sono riuscita a cavarne niente che non sia il
ritratto bipolare di una
«Malinconica
bambina viziata, responsabile, ma un po’ troia».
martedì 20 novembre 2012
Autocelebrazione
Prendo in prestito Gozzano, per celebrarmi. In realtà gli anni son ventisette. Son due passi più vicina a quella "trentina inquietante".
I colloqui | |||
...reduce dall'Amore e dalla Morte |
|||
gli hanno mentito le due cose belle... |
|||
I. | |||
Venticinqu'anni!... sono vecchio, sono | |||
vecchio! Passò la giovinezza prima, | |||
il dono mi lasciò dell'abbandono! | |||
Un libro di passato, ov'io reprima | |||
il mio singhiozzo e il pallido vestigio | |||
riconosca di lei, tra rima e rima. | |||
Venticinqu'anni! Medito il prodigio | |||
biblico... guardo il sole che declina | |||
già lentamente sul mio cielo grigio. | |||
Venticinqu'anni... ed ecco la trentina | |||
inquietante, torbida d'istinti | |||
moribondi... ecco poi la quarantina | |||
spaventosa, l'età cupa dei vinti, | |||
poi la vecchiezza, l'orrida vecchiezza | |||
dai denti finti e dai capelli tinti. | |||
O non assai goduta giovinezza, | |||
oggi ti vedo quale fosti, vedo | |||
il tuo sorriso, amante che s'apprezza | |||
solo nell'ora trista del congedo! | |||
Venticinqu'anni!... Come più m'avanzo | |||
all'altra meta, gioventù, m'avvedo | |||
che fosti bella come un bel romanzo! | |||
II. | |||
Ma un bel romanzo che non fu vissuto | |||
da me, ch'io vidi vivere da quello | |||
che mi seguì, dal mio fratello muto. | |||
Io piansi e risi per quel mio fratello | |||
che pianse e rise, e fu come lo spetro | |||
ideale di me, giovine e bello. | |||
A ciascun passo mi rivolsi indietro, | |||
curioso di lui, con occhi fissi | |||
spiando il suo pensiero, or gaio or tetro. | |||
Egli pensò le cose ch'io ridissi, | |||
confortò la mia pena in sé romita, | |||
e visse quella vita che non vissi. | |||
Egli ama e vive la sua dolce vita; | |||
non io che, solo nei miei sogni d'arte, | |||
narrai la bella favola compita. | |||
Non vissi. Muto sulle mute carte | |||
ritrassi lui, meravigliando spesso. | |||
Non vivo. Solo, gelido, in disparte, | |||
sorrido e guardo vivere me stesso. |
mercoledì 14 novembre 2012
The Others
La colpa è loro. Tutto andava bene prima che arrivassero gli altri.
Sono il fulmine a ciel sereno. Distruggono sogni e progetti, vi
s'insinuano e li svuotano, li frantumano. O almeno così si dice.
Gli altri sono quelli che lo sapevano prima, che non possono chiedere di più perché è così, qualunque cosa succeda sei comunque un altro. Tutti hanno bisogni ma gli altri no. Perché mai dovrebbero? Aspettative? Come possono solo credere di averne il diritto?
Gli altri
sono quelli delle ore contate, degli appuntamenti fissi. Niente fine
settimana, niente feste raccomandate. Sono raccomandate, sì, ma non agli
altri.
Non pensare di poter provare sentimenti: se sei uno degli altri, non ti appartengono. E dovesse andar male, non provare a essere dispiaciuto, ti avevano avvertito.
Insomma, chi non desidera qualcosa di nuovo ogni tanto? È per questo che ci sono gli altri. Ma si sa, le care vecchie abitudini, le sicurezze, le certezze, anche quando annoiano sono sempre meglio.
Ed è lì che si torna, sempre in tempo, mi raccomando! Non vorremmo dover mentire.
mercoledì 31 ottobre 2012
Fuga dell'anima
Arriva il primo raffreddore di un nuovo inverno (lo so, è ancora autunno, ma se ne avete il coraggio, chiamatelo voi "autunno" questo freddo a due gradi), i primi fazzoletti sparsi ovunque, i primi brividi.
E mi prende la nostalgia. Di cosa non so bene, odori (dato che ora ne sento ben pochi), colori, calori.
Con la mente torno a Sud, a quei luoghi che sono un po' miei, a quella casa bianca sugli scogli dove mia madre, in torridi pomeriggi estivi, dormiva sul pavimento vicino al balcone sperando che qualche onda, andandosi a rompere su quelle meravigliose fodamenta naturali, la rinfrescasse un po'. Torno a quei luoghi, alle loro storie, che poi non so quanto siano vere, ma hanno del magico, quel magico che per me è solo Sud, cielo azzurro, case bianche e panni stesi ad asciugare.
Allora bevo il mio té zenzero e menta, e penso al vento, allo Scirocco, che caldo e umido ti avvolge, ti soffoca, ma non ti colpisce e ferisce come questo freddo vento del nord, maledetto.
E mi prende la nostalgia. Di cosa non so bene, odori (dato che ora ne sento ben pochi), colori, calori.
Con la mente torno a Sud, a quei luoghi che sono un po' miei, a quella casa bianca sugli scogli dove mia madre, in torridi pomeriggi estivi, dormiva sul pavimento vicino al balcone sperando che qualche onda, andandosi a rompere su quelle meravigliose fodamenta naturali, la rinfrescasse un po'. Torno a quei luoghi, alle loro storie, che poi non so quanto siano vere, ma hanno del magico, quel magico che per me è solo Sud, cielo azzurro, case bianche e panni stesi ad asciugare.
Allora bevo il mio té zenzero e menta, e penso al vento, allo Scirocco, che caldo e umido ti avvolge, ti soffoca, ma non ti colpisce e ferisce come questo freddo vento del nord, maledetto.
Sud, fuga dell'anima. Tornare a sud di me, come si torna sempre all'amor. Vivere accesi dall'afa di Luglio appesi al mio viaggiar, camminando non c'è strada per andare che non sia di camminar.
mercoledì 24 ottobre 2012
Sed fugit interea, fugit irreparabile tempus
Un anno fa avevo un quarto del lavoro e il doppio dei soldi.
Avevo una casa tutta mia e quasi un gatto.
Avevo una finestra sul fiume e una tv.
Avevo un uomo che mi amava e uno che amavo.
Un anno fa avevo un presente concreto e un progetto futuro.
Avevo una casa tutta mia e quasi un gatto.
Avevo una finestra sul fiume e una tv.
Avevo un uomo che mi amava e uno che amavo.
Un anno fa avevo un presente concreto e un progetto futuro.
giovedì 11 ottobre 2012
Where does the love go?
- If you love someone and you break up, where does the love go?Va bene, va bene, che le persone vanno e vengono, che gli amori arrivano lentamente e scappano via veloci l'ho capito da tempo. Ma, come la brava vecchia (non me ne vogliate) Carrie, mi trovo sempre più spesso a chiedermi: - E dove va a finire tutto quello che ci legava?-.
Una delle poche cose che mi ricordo della chimica studiata a scuola è che «In natura nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma ». Bene, ma se per estremo applicassimo tale legge anche a ciò che con masse e cose varie ha ben poco a che fare, sarebbe possibile affermare che le cose possono trasformarsi così tanto da diventare il loro esatto contrario?
Per alcuni a distruggere l'amore è l'odio. Io non l'ho mai pensata così e non credo molto nell'odio per gli ex. L'odio richiede un bel po' di energie, proprio come il tanto acclamato amore. Insomma, bisogna proprio mettercisi d'impegno a odiare qualcuno, soprattutto qualcuno con il quale abbiamo condiviso esperienze importanti, momenti indimenticabili, sensazioni profonde. Possiamo provarci con tutte le nostre forze, ma prima o poi qualche ricordo ci strapperà un sorriso, una smorfia divertita, un pensiero un po' nostalgico...
E comunque, anche se di bei ricordi proprio non ce ne fossero, e noi riuscissimo nella nostra "operazione odio profondo", non sarebbe il modo più doloroso di non liberarsi di chi ci ha fatto soffrire? Non sarebbe un po' come provare amore con un bel meno davanti? Voglio dire, non vi pare una bella trasformazione, più che una distruzione?
Una perfetta palla demolitrice contro l'amore, se consideriamo quest'ultimo come il sentimento più intenso e travolgente che ci sia, è l'indifferenza. L'assenza di ogni minimo interesse.
Io, geneticamente, sono purtroppo incapace di provare indifferenza. Mai stata un tipo impermeabile. Direi che una spugna, al contrario, possa rappresentarmi alla perfezione.
E allora, quando una ragazza-spugna si sveglia da un sonno profondo e realizza di aver passato alcuni anni della sua vita con un ragazzo-impermeabile, succede un bel casino. Iniziano le domande: - Ma era già impermeabile? E com'è che non me ne sono mai accorta? E se fossi stata io a impermeabilizzarlo, così per una sorta di legge del contrappasso?- .
Ma queste sono solo paranoie...
Insomma, se «In natura nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma » com'è che quando una storia finisce c'è chi riesce a fregarsene anche di quella che dovrebbe essere la più solida delle basi di un rapporto, e cioè il rispetto? Dove vanno a finire tutte la parole, i buoni propositi, le intenzioni?
Carrie: - If you love someone and than you break up, where does the love go?
Samantha: - To their next girlfriend.
lunedì 1 ottobre 2012
Lasciando come ultime volontà le poesie di Vian...
Oggi l'ascoltavo con attenzione e ho colto un nome, Vian. Allora cerco e trovo. Boris Vian. Leggo e mi innamoro anche, di questa:
Distruggono il mondo
in pezzettini
distruggono il mondo
a colpi di martello
ma è lo stesso per me
è proprio lo stesso
ne resta abbastanza per me
ne resta abbastanza
basta che io ami
una piuma azzurra
un sentiero di sabbia
un uccellino pauroso
basta che ami
un filo d'erba sottile
una goccia di rugiada
un grillo di bosco
massì possono distruggere il mondo
in pezzettini
ne resta abbastanza per me
ne resta abbastanza
avrò sempre un po' d'aria
un filino di vita
nell'occhio un barbaglio di luce
e il vento tra le ortiche
e anche e anche
se mi sbattono in prigione
ne resta abbastanza per me
ne resta abbastanza
basta che io ami
questa pietra corrosa
questi ganci di ferro
dove spiccia un filo di sangue
io l'amo io l'amo
la superficie consumata del mio letto
il saccone e la lettiera
la polvere del sole
amo lo spioncino che s'apre
gli uomini che sono entrati
che avanzano che mi trascinano via
ritrovare la via del mondo
e ritrovare il colore
amo questi due lunghi travi
questa lama triangolare
questi signori vestiti di nero
mi fanno la festa e ne sono fiero
io l'amo io l'amo
questo paniere riempito di suoni
dove metterò a posto la testa
oh io l'amo per davvero
basta che io ami
un breve filo d'erba azzurra
una goccia di rugiada
un amore d'uccellino pauroso
distruggono il mondo
con i loro martelli pesanti
ne resta abbastanza per me
ne resta abbastanza cuor mio.
Boris Vian
domenica 23 settembre 2012
Ospiti e Cittadini
Aver casa è un bene
dolce il sonno sotto il proprio tetto
figli, giardino e cane.
Ma certo appena ti sei riposato dall'ultimo viaggio
la lontananza t'insegue con nuove lusinghe.
Meglio è patire di nostalgia di casa
e sotto le alte stelle, solo,
riposare con la propria melanconia.
Avere e riposare può soltanto,
chi ha il cuore tranquillo,
mentre il viandante sopporta fatiche e difficoltà
con sempre delusa speranza.
In vero più lieve è il tormento di andare,
più lieve che trovar pace nelle valli di casa,
dove tra le gioie e le solite cure
solo il saggio sa costruire la propria felicità.
Per me è meglio cercare e mai trovare
che legarmi, caldo e stretto a quanto mi è accanto,
perché anche nel bene, su questa terra
Sono solo ospite, mai cittadino.
Hermann Hesse
Quando sono partita, più o meno un anno fa, per la mia prima avventura austriaca, le parole di Hesse riuscivano ad esprimere perfettamente le mie sensazioni, il mio desiderio di "cercare e mai trovare" di essere ospite. Era un viaggio, un lungo viaggio di nove mesi, ma pur sempre un viaggio. Prima o poi sarei tornata a casa e, prima o poi, un nuovo desiderio di partire sarebbe tornato a far capolino nel mio "dolce sonno".
Quando sono partita, più o meno un mese fa, per la mia seconda avventura austriaca, non riuscivo a credere più a queste parole. Il desiderio di essere ospite si era nel frattempo trasformato in bisogno di essere cittadino. Non era un viaggio, era una migrazione, e il sapore era del tutto diverso. Era un dover andare e non un voler viaggiare.
Ora che sono qui mi chiedo se sia stata la scelta giusta. Forse sarebbe stato meglio provarci, mettercela tutta e restare vicino a chi mi vuole bene, avere il loro appoggio, il loro calore. Quando mi divido tra mille cose da fare, che poco somigliano a quello che vorrei fare, quando di calore ce n'è ben poco, mi sembra di potermi rispondere: "No, non è stata la scelta giusta".
Poi però penso al dolce sonno, ai figli, al giardino e al cane e capisco di essere qui per poter tornare ad avere un giorno il desiderio di partire dopo essermi riposata dall'ultimo viaggio.
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